mercoledì 19 agosto 2009

LADYTRON

L'undicesima pausa del lungo viaggio alla scoperta dell'animazione [vedi qui] riguarda i Ladytron.

Che dietro a questo progetto ci fosse della stoffa lo si intuisce semplicemente osservando il percorso artistico dei Ladytron. Nati in coincidenza delle prime pulsioni electro che hanno marchiato la fine del millennio, pronti a cavalcare con "Playgirl" gli umori discotecari scossi dagli Air di "Sexy Boy", i Ladytron sono riusciti a scrollarsi progressivamente di dosso quell’etichetta di gruppo figlio di una moda che ha contribuito a seppellire molti dei gruppi analoghi nati in quegli anni. La presa di distanza dall’easy listening in favore di sonorità sempre più elaborate e un’intensa attività sul palco, che ha avuto come esito la stima, interamente conquistata sul campo, di nomi importanti del panorama rock mondiale. Un lavoro di immagine e di sostanza che posiziona oggi la band di Liverpool nell’invidiato limbo che staziona fra la cultura underground e i grandi palcoscenici. In attesa, magari, del balzo definitivo. Nella chiacchierata con Daniel Hunt possiamo cogliere molti di questi elementi, sottolineati da una lucidità e da un acume poco comuni. E anche da una buona dose di ironia, che non può certo guastare.

Avete inserito in streaming su "Myspace" il vostro ultimo disco "Velocifero". Che opinione hai di questo nuovo sistema promozionale?
Penso che la cosa positiva sia che in questo modo è possibile far ascoltare il disco nell’ordine giusto. Trovo che sia importante: le canzoni si amplificano a vicenda se sono in una determinata sequenza, e oggi questo aspetto viene troppo spesso sottovalutato. Scaricare mp3 a caso e ascoltarli in un ordine qualsiasi è un po’ come prendere un grande film e guardarne soltanto qualche spezzone su "YouTube". Al giorno d’oggi è importante qualunque cosa che possa servire a preservare l’integrità del tuo lavoro.
I Nine Inch Nails, con cui avete anche fatto anche un tour, hanno venduto il loro nuovo disco on line, più o meno la stessa cosa hanno fatto i Radiohead e i risultati sono, mi pare, stati buoni. Pensi che il futuro dell’industria musicale sia quello? Solo musicisti e ascoltatori, intendo, senza case discografiche...
È un po’ diverso in realtà. I Radiohead hanno prima venduto il loro disco e poi l’hanno pubblicato. Non è proprio la stessa cosa!
Per gruppi della loro importanza è facile tutto sommato, ma per quanto riguarda le etichette… beh per esempio noi non avremmo la possibilità di fare questa intervista se non avessimo un’etichetta. Questo dimostra che le band hanno ancora bisogno di persone che lavorino con loro. C’è un tale lavoro dietro le quinte che l’ascoltatore medio non può nemmeno immaginare e che le band non possono proprio fare da sole. La soluzione è che i patti siano equi per ciascuno e che ci sia fiducia da entrambe le parti: la chiamerei "etica indipendente".
Parliamo delle vostre origini. Benché proveniate da posti diversi, vi siete ritrovati a Liverpool, come avete incominciato a suonare?
Abbiamo cominciato nel 1999 quando abbiamo realizzato un Ep per un’etichetta giapponese e che poi è stato la base per il nostro primo album. Ma in realtà abbiamo capito che la nostra vita stava cambiando solo quando abbiamo cominciato a fare propriamente dei tour. Helen studiava a Liverpool dove abitavamo sia io che Reuben. La scena a Liverpool è piccola, tutti si conoscono. Io facevo il dj in tanti piccoli club e vedevo spesso Helen in giro. Mira invece mi è stata presentata da un amico. È stato allora che siamo diventati davvero una band.
Veniamo alla scelta del nome... L’ho sempre trovato adorabile, soprattutto perché amo i Roxy Music... E’ stata una scelta per tributare quella band, oppure più semplicemente vi piaceva utilizzare quell’espressione per il nome del gruppo?
È solo un nome, nessun tributo: suonerebbe un po’ ridicolo. Sì, i Roxy Music ci piacciono, ma non è per questo motivo che ci siamo chiamati così. È un nome cool, sia che sia comico o altro…
Liverpool è la città di band importanti della new wave, come Teardrop Explodes, Echo & The Bunnymen, Omd (questi ultimi usavano molto i sintetizzatori, come voi). Vi sentite in qualche modo debitori di quel movimento, oppure i vostri riferimenti musicali sono altri?
Certo, quella scena mi ha influenzato moltissimo. Leggevo l’autobiografia di Julian Cope "Head On" in continuazione quando ero un ragazzino. A posteriori posso dire che gli Echo and the Bunnymen sono stati il gruppo più importante per me, per la mia crescita. E oggi è davvero una sensazione strana avere Ian e Will come amici!
Il vostro sound è cambiato molto dai tempi di "Playgirl". Mi racconti in che modo si è evoluto nel corso di questi anni?
Beh, nessuno ha voglia di starsene fermo per nove anni sempre sulla stessa idea. È semplice: o ti evolvi o muori. C’è sempre una parte di pubblico che vuole che un gruppo rimanga lo stesso in eterno, il che significa la morte creativa per le persone con gusti eclettici. Chi vuole può sempre ascoltare ancora il primo album, non c’è bisogno di rifarlo di nuovo.
Veniamo al vostro ultimo album. Mi sembra che "Velocifero" abbia ulteriormente accentuato il vostro approccio rock... una specie di "wall of sound" elettronico. Non sembra studiato per le discoteche, come magari lo erano i vostri primi lavori...
Non direi che i nostri primi lavori fossero studiati per le discoteche, abbiamo fatto dei remix che lo erano, e tuttora lo sono. "Playgirl" è forse l’unico pezzo davvero indirizzato in origine alle piste da ballo.
A cosa è dovuta la scelta di registrare il disco fra Parigi e Los Angeles? Volevate forse ottenere una produzione il più possibile "non inglese"?
Detesto l’Inghilterra. Dico sul serio, odio lavorare lì. Parigi aveva senso perché Vicarious Bliss aveva la sua base lì e Los Angeles perché lì c’era Michael Patterson. Registrare all’estero è un buon esercizio, ti dà una prospettiva inedita.
Anche in questo album, mi pare, ci sono delle parti cantate in bulgaro, tanto che sembra ormai un vostro marchio di fabbrica. Il pubblico inglese come la prende? Te lo chiedo perché da quelle parti non sono mai stati molto aperti a lingue diverse da quella anglosassone...
Mi è sempre piaciuta la musica cantata in altre lingue. Ho imparato molto il francese ascoltando Gainsbourg e Françoise Hardy. Ora sto imparando l’italiano con i Righeira (risata, ndr). Per quanto riguarda il bulgaro, si tratta della lingua madre di Mira e la prima traccia che ha inciso è stata Commodore Rock improvvisata nel mio piccolo studio. È stata una cosa spontanea e ha funzionato. Mira ha continuato a lavorare su questa idea e anche i testi ora sono più sviluppati; è una lingua molto ritmica che funziona benissimo con questo genere di pezzi. La cosa divertente è che in Inghilterra alcuni credono che abbiamo preso un po’ di bulgaro a caso e talvolta sono così ignoranti che non riescono nemmeno a stabilire di che nazionalità sia Mira. Di recente una recensione diceva che canta in francese.
Siete una band che ama molto suonare dal vivo: che tipo di strumentazione utilizzate? Adesso molti gruppi usano molto il laptop anche nei live, voi preferite un suono più immediato, o sbaglio?
Ci piace la "potenza"che è in grado di sprigionare il live. Personalmente trovo che i laptop siano limitanti, è un po’ come suonare in playback: tu vedi tutta questa gente attrezzata con dispositivi midi ma raramente stanno davvero facendo qualcosa, sono solo lì che sistemano i filtri e altri aggeggi. Fanno semplicemente i dj. Capisco che sia un modo semplice ed economico di fare i tour e che sia anche cool, ma quando assisti a simili spettacoli su grandi palchi ricavi una sensazione di freddezza. Non sto dicendo che il nostro metodo sia l’unico giusto, ma è quello che ci piace ed è per questo che continuiamo a fare i live. Se non ci piacesse non lo faremmo.
Che tipo di musica ascoltate, e in che misura questa influenza il vostro suono?
È impossibile rispondere a questa domanda, e lo sai bene! Seriamente, quando sento questa domanda, ho un vuoto totale! L’ultimo pezzo ascoltato: Akt –Prince, "No Deserto Vermelho".
Cosa fanno i Ladytron lontano dalla sala d’incisione e dal palco? Altri interessi oltre alla musica? Liverpool ha due squadre di football importanti, ad esempio...
Sicuro! Io seguo il Liverpool FC con tutto il mio cuore e allo stesso tempo cerco di mantenere le mie amicizie in Italia… (i riferimenti a club italici recentemente passati sotto le forche caudine dei reds crediamo che siano puramente voluti, ndr).
Quanto conta in un gruppo come il vostro l’amicizia tra di voi? Voglio dire, è più importante per voi essere dei musicisti affiatati, o degli amici veri?
È importantissima. Non siamo veri musicisti, non siamo la tipica band e penso che questo sia un punto di forza. Stiamo insieme da molto tempo e siamo diventati come una famiglia.
Che tipo di rapporto avete con le altre forme d’arte?
L’arte è un cibo per l’anima e io dovrei procurarmene di più. Ho degli amici che curano delle gallerie d’arte e che mi invitano sempre, ma io sono troppo pigro. L’arte è importante e sostenerla è una responsabilità.
La mia fidanzata è un’ottima artista, così come molti miei amici. Sento che è un’area che vorrei esplorare maggiormente. Gli altri forse se ne interessano di più, io sono sempre così distratto. Noi tutti amiamo molto gli artisti dell’AVAF (Assume Vivid Astro Focus, un collettivo di artisti di stanza a New York, nonché l’alias dell’artista brasiliano Eli Sudbrack, ndr) sono stati loro a creare la copertina del nuovo disco. Abbiamo lavorato insieme anche in precedenza, suonando a una loro installazione alla Tate Gallery nel 2005.
Che futuro ti immagini per i Ladytron?
Quando abbiamo cominciato avevamo pianificato di uscire con un singolo, di suonare a un paio di concerti, di pubblicare un Ep. Non avremmo mai pensato di girare gli Stati Uniti con concerti sold-out ogni sera e che ci sarebbe stata tanta gente venuta apposta per incontrarci, anche persone che sono stati dei modelli per noi. Non abbiamo mai pianificato il futuro oltre i sei mesi, e adesso è più o meno la stessa cosa. Faremo il tour con questo album e vediamo un po’ come va. Abbiamo già dei demo pronti per un nuovo album, qualcosa di più downbeat e astratto che abbiamo scritto mentre lavoravamo a "Velocifero".

intervista di Marco Bercella

Discografia:

Albums
2001 - 604
2002 - Light & Magic
2005 - Witching hour
2008 - Velocifero

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