...questa la terza parte della filmografia completa di Jan Švankmajer:
Cortometraggi [3]
"Jídlo" ("Food") [1992], mirabolante e dissacrante parabola incentrata sul consumismo e un’altra ideosincrasia švankmajeriana: il cibo.
ulteriori cortometraggi manifestano l’amore dell’artista per specifiche manifestazioni della cultura rinascimentale boema, nata dall'ibridazione del neoplatonismo ficiniano e le parafrenalie alchemiche pre-barocche, e che originò ingegni dell’eccentrico come l’italiano Giuseppe Arcimboldo, al cui stile sono evidentemente dovuti "Flora" [1989] e "Moznosti Dialogu" ("Dimension of Dialogue") [1982]
n.b. per chi volesse approfondire le sue conoscenze su Jan Švankmajer, gli consiglio vivamente di leggersi, sul blog del mio amico "Occhio sulle espressioni", gli articoli corrispondenti, che considero alcuni dei migliori sulla rete inerenti lo stregone praghese.
...voglio semplicemente dirvi di diffondere la notizia, poiché è nato sulla rete un nuovo spazio indipendente che cercherò di rendere interessante il più possibile...
questa la presentazione:
"Turn Out The Lights" è un verso di "When The Music's Over" (1967), scritta da Jim Morrison, voce e anima dei Doors [in una live performance nell'immagine di sopra], a cui è appunto tributato questo modesto spazio sul web.
Nel seguente blog, io, Vision, posterò solo videoclips musicali, a casaccio, senza un ordine ben preciso, intenzioni filosofico-esponenziali o capacità di revisioni misteriose...
...quindi, in sostanza, quando non avrò un cazzo da fare, dipingerò i pezzi migliori del mosaico multiforme in cui si impregna uno dei connubi più affascinanti dell'arte moderna: quello tra musica e fotografia.
...naturalmente invito tutti i lettori/spettatori a seguire il blog, con commenti sensazionali ed emozionali...
...ed ecco la seconda parte della filmografia completa di Jan Švankmajer:
Cortometraggi [2]
il conflitto tra la simulacralità dell’uomo, costretto a soccombere alla feroce vitalità degli oggetti, si evince da "Picknick mit Weissmann" ("Picnic with Weissmann") [1968] e "Zvahlav aneb Saticky Slameného Huberta" ("Jabberwocky") [1971]
gli omaggi alla letteratura gotico-romantica e orrorifica, da "| Otrantský Zámek" ("Castle of Otranto") [1977], liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Horace Walpole ai poeiani "Kyvadlo, Jáma a Nadeje" ("The Pit, the Pendulum and Hope") [1983] e "Zánik Domu Usheru" ("The Fall of the House of Usher") [1981]; anche se in in ogni opera di Švankmajer è trasfuso ed è palpabile l’influsso di letterati quali Lautréamont e il marchese De Sade.
n.b. da non dimenticare la compagna del regista, Eva Švankmajerová, talentuosa pittrice e sua collaboratrice in numerosi corti nonché lungometraggi quali "Alice" e "Faust".
"Il mondo si divide in due categorie di diversa ampiezza... quelli che non hanno mai sentito parlare di Jan Švankmajer e quelli che hanno visto i suoi lavori e sanno di essersi trovati faccia a faccia con un genio". (Anthony Lane)
"non mi piacciono i cartoni animati, preferisco ambientare il mio mondo immaginario nella realtà" dice surrealmente Jan in un intervista del 1984.
"il maestro europeo del cinema di animazione", Jan Švankmajer, regista, pittore, scultore e poeta, che ha ispirato artisti come Tim Burton, Terry Gilliam e i fratelli Quay, nasce nel 1934 nella città più misteriosa e affascinante al mondo... Praga.
Quello che io considero il surrealista per principio è paradossalmente la realtà in persona, che di visionario non ha un bel niente... non so se mi spiego... ma penso che stop-motion, argilla, ossa, 3D, bambole, chiodi, arcimboldi, terra, piante, fogli, ombre, pietre, cibo, marionette, tempere, 2D, occhi, piante, mani, spazzolini, lacci, cucchiai, orologi, scarpe e altri oggetti ed entità antropomorfe non siano altro che semplici --cose-- reali pensate in una visione surreale.
Ed è proprio questo modo di pensare che stupisce lo spettatore, costretto ad osservare una realtà impostagli dal regista ed a concentrarsi nell'alternatività delle --cose--.
Ebbene Švankmajer è un mago senza mantello, o meglio uno stregone senza cappello... sì... perché le sue opere ipnotizzano, stravolgono, disgustano, ti fanno incazzare, fanno paura, non parlano ma rispondono, ti mandano aff......
Non inquietatevi... Švankmajer se la ride comunque!!!
Ecco la prima parte della sua filmografia completa:
Cortometraggi [1]
"Poslední Trik Pana Schwarcewalldea a Pana Edgara" ("The Last Trick") [1964]; il primo e significativo approccio alla pellicola da parte del regista che si avvale delle potenzialità insite nel “montaggio delle attrazioni” per avanzare la sua scepsi condotta in seno al teatro di marionette, e a quello di fusione video-performativa della Lanterna Magika, da lui fondato e tutt’ora attivo nella capitale ceca.
in "Johann Sebastian Bach: Fantasia G-moll" [1965] e "Leonarduv Denik" ("Leonardo's Diary") [1972] sono evidenti gli influssi delle cinesinfonie di W. Ruttmann o di H. Richter.
"Hra s Kameny" ("A Game with Stones") [1965]
"Rakvickarna" ("Punch and Judy") [1966]
"Et Cetera" [1966]
"Historia Naturae, Suita" [1967]
un’atmosfera ancor più inquietante è poi ravvisabile nelle opere di Švankmajer concepite ascoltando gli umori malsani introiettati dalla coercizione di stampo ideologico-espressiva, la cui asfissiante ed esiziale ombra cala sui personaggi e le situazioni di "Byt" ("The Flat") [1969], "Zahrada" ("The Garden") [1968] e, ovviamente, "Konec Stalinismu v Cechách" ("The Death of Stalinism in Bohemia") [1990], tutte paradigmaticamente influenzate da una marcata volontà di riproporre gli stilemi del cinema buñeliano.
n.b. Segnalo "Il mondo di Jan Švankmajer", edito nel 2008 da Minerva RaroVideo, che raccoglie in un doppio disco 14 cortometraggi (1964-1989) del regista ceco, con interessanti contenuti extra: "Il mondo dell’animazione parla di Jan Švankmajer"; tra gli interventi, Barry Purves (uno dei massimi animatori di pupazzi della storia dell'animazione), Bill Plympton (grande gagman surrealista americano, due volte candidato all'Oscar), Bruno Solarik (Membro del movimento surrealista ceco) e Giovanni Russo (Fondatore di eMotion, direttore del festival Lucca Animation).
Nel panorama storico e internazionale del cinema d'animazione, l'esperienza ceca è ritenuta all'unanimità una delle più importanti e fertili di sempre.
L'ex Cecoslovacchia è stata capace di creare una scuola di pupazzi animati celebrata e imitata in tutto il mondo e, allo stesso tempo, è riuscita ad esprimere grande talento nelle altre tecniche facendo dell'estrema varietà visiva, della critica sociale e dell'utilizzo del surreale i suoi punti di forza.
Proprio la suggestiva città di Praga, alimentata oggi come ieri da innumerevoli fermenti creativi, offre un'altissima qualità di menti e materiali artistici. Dopo il crollo della Cortina di Ferro, la capitale della Repubblica Ceca è diventata l'avamposto culturale dell'Europa dell'Est verso l'Occidente, tornando quel crocevia di arte, innovazione, idee che era sempre stata in passato. Meta ogni anno di sempre più imponenti flussi turistici, città antica e pregna di storia, ma ugualmente in grado di attrarre i giovani di tutto il mondo, Praga è il cuore pulsante della nuova Europa.
A Marzo del 2009, durante il Festival Internazionale del Film d'Animazione di Lucca Animation, c'è stata la miglior rassegna internazionale che sia stata mai fatta sull'animazione ceca.
La rassegna si divideva in 4 parti: "I Maestri di Praga: ieri", "I Maestri di Praga: oggi", "Jan Švankmajer" e "Jiří Barta"...
...ebbene, ripercorrendo queste sezioni e aggiungendovi Jiří Trnka, Vision vi porterà alla scoperta di Praga... come non l'avete mai vista!!!
Il suo stile personalissimo, lontano dalle "carinerie" di disneyana memoria tanto quanto dallo stile più serioso e moralizzante di Rein Ramaat (con cui aveva iniziato la sua carriera), ha ispirato numerosi artisti anche al di fuori dei confini dei paesi dell'est: i famosi Rugrats del circuito Nickelodeon sono un evidente omaggio al suo inconfondibile tratto.
Dopo il suo film d'esordio del 1977, "Is the Earth Round", Pärn ha proseguito nella sua prolifica carriera con:
"Triangle" (1982);
"Time Out" (1984);
"Breakfast on the Grass" or "Eine murul" (1987);
"Hotel E" (1992);
"1985" (diretto insieme a Janno Poldma); The amazing true story of the invention of cinema, and the subsequent delay of all other inventions. Priit Pärn made this film in 1995, the 100th birthday of the cinematographe.
"Night of the Carrots" aka "Porgandite öö" (1998);
n.b. Dopo aver insegnato animazione all'Università di Turku, in Finlandia, Priit Pärn ha ricevuto il Lifetime Achievement Award della International Animated Film Association.
Uno dei Paesi più all'avanguardia in Europa e nel mondo per modernità e forme organizzative; l'Estonia ha una storia da frontiera culturale tra l'Occidente e l'ex Unione Sovietica, della quale rappresentava un corridoio d'infiltrazione intellettuale data la vicinanza geografica ed etnica con la Scandinavia. Le caratteristiche di curiosità, eclettismo e apertura della cultura estone hanno così prodotto un cinema d'animazione oggi ancora relativamente giovane (al di là di alcuni esperimenti di stampo "disneyano" che non ebbero seguito negli anni Trenta, il primo film d'animazione moderno prodotto in Estonia è infatti il "Little Peter's Dream" di Elbert Tuganov, datato 1958), e che ha saputo svincolarsi dagli esempi russi e sovietici, assimilando al meglio il cinema occidentale e dandosi un carattere assolutamente originale e inconfondibile, tanto nella forma del film di pupazzi quanto nel disegno animato.
L'animazione estone, pur nella sua ampiezza di esiti, riflette una serie di costanti di base. L'elemento visivo, convogliato soprattutto in un design spesso estremamente inventivo, colorato e cangiante, ne è la chiave di lettura principale, unito a un tessuto sonoro molto sofisticato, che ha spesso un ruolo principe nei film (non per niente l'Estonia ha attuato quella che viene definita la «Singing Revolution», data l'importanza nazionalistica del patrimonio musicale e del festival relativo, che fu poetica e incruenta sede della resistenza anti-sovietica), e si rivela capace di rileggere il folklore musicale e i suoni battenti e ossessivi di stampo tribale, mixandoli alle suggestioni della musica elettronica. L'approccio estone al film di pupazzi risulta quindi molto più sperimentale di quello dei "cugini" della classica scuola cecoslovacca, legandosi a tecniche molto variegate (pixilation, animazione d'oggetti, découpage, miscugli tra 2D e 3D) e ad esempi più lontani (Gran Bretagna) o estremi (Svankmajer, Borowczyk, i fratelli Quay), mentre il disegno animato ha vissuto negli ultimi anni l'influenza carismatica di un gigante come Priit Pärn. Su queste basi s'innestano tanto temi legati alle fiabe e al folklore, all'ecologia, agli aspetti che riconducono l'Estonia al suo status di cultura nordica, finnica, quasi animista (l'Estonia è rimasta pressoché priva della presenza di una religione di Stato, e impervia alle penetrazioni del Cattolicesimo), quanto una forma incisiva di surrealismo e di riflessione simbolista sulle istanze e le storture della società contemporanea, che ha visto il passaggio della piccola nazione baltica dalla dittatura comunista straniera al capitalismo sfrenato, per quanto internamente imbrigliato in maniera più attenta che altrove.
Artista di fama mondiale, Aleksandr Petrov usa definire la tecnica con cui realizza i suoi lavori «la via più breve dal cuore all’opera animata». Dipinge le sue storie con le dita, ricorrendo al pennello solo in casi eccezionali: per un minuto di film è necessario dipingere circa mille “quadri”. Ciascuno di essi prende vita dalle modifiche apportate nel precedente in un costante divenire di forme, colori, ombre e luci. Dinanzi allo sguardo dello spettatore scene intense mutano una nell’altra quasi per magia, fondendosi in una composizione cinematografica di straordinaria bellezza. Attraverso l’incanto dell’animazione e un delicato romanticismo, Petrov ci racconta atmosfere e suggestioni di opere e motivi della letteratura classica.
...così l'associazione ASIFA Italia presentava circa un mesetto fa la partecipazione del regista russo al "Sottodiciotto Filmfestival" di Torino.
Nato nel 1957 a Prečistoe, distretto di Jaroslavl’, (Russia), Aleksandr Petrov è oggi il protagonista indiscusso dell'animazione russa. Frequenta i primi studi all’Istituto d’arte di Jaroslavl (dove oggi risiede e dove ha da poco aperto i propri studios), per poi passare al rinomato Istituto di cinematografia VGIK di Mosca, dove diviene allievo di Ivan Ivanov-Vano.
Queste le sue opere dai frames oleati:
"Korova" ("La mucca") 1989; Vasja vive in campagna con i genitori. Accudisce con amore la loro mucca e il vitellino appena nato. Ma un giorno il piccolo vitello, malato, scomparirà… Tratto dall’omonimo racconto di Andrej Platonov, è il primo cortometraggio del regista.
"Son smešnogo čeloveka" ("Il sogno di un uomo ridicolo") 1992; Dal racconto omonimo di Fëdor Dostoevskij. Il protagonista decide di suicidarsi, ma, poco prima dell’atto estremo, cade addormentato. Sogna di un mondo perfetto, dove tutto è pace e armonia. La sua presenza, però, corrompe quel magico equilibrio, suscitando terrore e odio. Un delirio? Un’allucinazione? Il film ha ottenuto numerosi riconoscimenti internazionali tra cui il Premio per il miglior cortometraggio al Festival di Annecy nel 1993 e il Premio speciale ASIFA.
"Rusalka" 1996; Ispirato all’omonimo dramma in versi incompiuto di Puškin e, più in generale, a una complessa figura della mitologia slava, la rusalka, ossia lo spirito di una fanciulla morta prematuramente o innaturalmente per suicidio – di solito annegamento – a causa di un amore infelice e riemersa nel mondo dei vivi in cerca di vendetta. Un vecchio monaco viene assalito dai fantasmi del passato e dal ricordo di una ragazza cui aveva fatto un grave torto, quando il suo giovane novizio viene sedotto da un’irresistibile ninfa del mare… Oltre a numerosi riconoscimenti, il film ha ottenuto il Gran Premio a Cinanima nel 1997 e la nomination all’Oscar nel 1998.
"Starik i more" ("Il vecchio e il mare") 1999; Dall’opera di Ernest Hemingway, le avventure in mare del vecchio pescatore Santiago tra speranza, coraggio e solitudine. Uno straordinario viaggio nel rapporto che lega l’uomo alla natura. Un’atmosfera di tensione e sentimenti profondi interpretata con magistrale genio pittorico. Premio Oscar 2000.
"Moja Ljubov’" ("Il mio amore") 2006; Tratto da una novella di Ivan Šmeliov del 1927: nella Mosca pre-rivoluzionaria dell’Ottocento, poco più di un villaggio, un ragazzino è alle prese coi primi palpiti e tormenti amorosi, diviso tra una matura donna-vampira e una dolce coetanea. Il film, dipinto a olio su lastre di plastica trasparente con le dita, poi illuminate da dietro e sovrapposte (20 per ogni fotogramma) a creare un effetto di incredibile movimento e intensità, ha richiesto tre anni di lavoro ed è stato candidato all’Oscar nel 2008.
Yuri Norstein è oggi considerato il più grande animatore russo di tutti i tempi...
Nato da una famiglia ebrea nel settembre del 1941 ad Andrejevka, un villaggio della provincia di Penza Oblas, ben presto dovette emigrare con la sua famiglia a nord di Mosca, dove si stanziò in un vecchio caseggiato. La sua infanzia fu molto travagliata, poiché si trovò a vivere il crudele regime stalinista, che più volte perseguitò la stessa famiglia Norstein; in seguito alla morte del padre, tipico operaio forzato, Yuri decise di dedicarsi completamente all'arte animata, abbandonando il suo lavoro (di progettazione di casse di imballaggio per mobili) e frequentando un corso di animazione presso la Soyuzmultfilm, il più importante studio d'animazione dell'URSS (fondato a Mosca nel 1935).
Qui lavora come animatore in quasi 50 films, prima di poter codirigere con Arkadi Tyurin nel 1967 la sua prima pellicola, "25th October- The First Day" ("25 ottobre - Il primo giorno"); rievocazione degli inizi della Rivoluzione d'Ottobre, attraverso l'uso di materiale iconografico dell'epoca, a partire dalle opere degli artisti d'avanguardia.
Nel 1970 è la volta di "The Battle of Kerzhenets" ("La battaglia di Kerzents"), codiretto con Ivan Ivanov-Vano; animando antichi affreschi, miniature e icone medievali, il film racconta la storia della vittoriosa resistenza della città di Kerzents contro i Tartari.
Gli anni Settanta sono invece il periodo più prolifico per il regista russo, che, insieme alla moglie Francesca Yarbusova (animation designer di grande talento), dirige opere ovunque riconosciute come esempi di talento e maestria: "The Fox and the Rabbit" - "La volpe e la lepre" (1973); una lepre viene scacciata di casa da una volpe prepotente, e trova l'aiuto di un gallo. "The Heron and the Crane" - "L'airone e la gru" (1974); l'indecisa danza di corteggiamento di un airone e una gru dalle idee poco chiare. La celebrazione in forma di fiaba romantica della solitudine e dell'incomunicabilità. "The Hedgehog in the Fog" - "Il riccio nella nebbia" (1975); un piccolo riccio, diretto a far visita all'amico orsetto, si perde nel bosco nebbioso e fra le seducenti visioni che nasconde. L'immaginazione come approccio alla vita.
Ma è nel 1979 che Yuri raggiunge il massimo della sua capacità di espressione artistica, facendo di un intruglio malinconico di puppet animation, découpage, olii ed altri espedienti da seppuku un'opera talmente inquietante, che la sua visione quasi disturba la quiete passiva dello spettatore, costretto a immergersi in un collasso di immagini su sottofondi musicali provocanti brividi non agghiaccianti ma ghiacciati (privi di emozioni). Ebbene questo ibrido innaturale, morfologicamente perverso, che ha dato vita a non poche contraddizioni da parte del Goskino (la Commissione statale di cinematografia dell'URSS, con funzioni prevalentemente censorie), fu considerato in occasione delle Olimpiadi dell'Animazione di Los Angeles (1984) il miglior film d'animazione di tutti i tempi. Sto parlando di "Skazka Skazok" - "Tale of the Tales" ("Il Racconto dei Racconti"), il cui titolo originale era "Il piccolo lupo grigio arriverà" (mutato in seguito ad insistenti costrizioni del Goskino).
Riassumere la trama (così come viene sottolineato su Komix.it) è un'impresa alquanto ardua, dato che la storia non segue un percorso razionale e le visioni e i ricordi che la compongono non sono mostrati secondo un chiaro ordine cronologico, ma si succedono secondo libere associazioni mentali: un piccolo lupo dagli occhi malinconici osserva un neonato succhiare il latte della madre che gli canta una ninna-nanna, un minotauro gioca a saltare la corda con una ragazzina, un bimbo mangia una mela in compagnia di grossi corvi in un paesaggio innevato, alcune donne mentre ballano un tango vedono scomparire uno ad uno i loro uomini chiamati a combattere al fronte.
L'ultima interminabile fatica di Norstein dovrebbe essere un lungometraggio ispirato a "Il cappotto", celebre racconto di Gogol, la cui realizzazione iniziata nei primi anni '80 è ad oggi ancora non finita, poiché sembrerebbe il fattore economico questa volta ad ostacolare il grande maestro russo, che però non demorde; anzi afferma indirettamente (ma volontariamente, a mio avviso) che questo sarà il suo capolavoro...
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