Nato da una famiglia ebrea nel settembre del 1941 ad Andrejevka, un villaggio della provincia di Penza Oblas, ben presto dovette emigrare con la sua famiglia a nord di Mosca, dove si stanziò in un vecchio caseggiato. La sua infanzia fu molto travagliata, poiché si trovò a vivere il crudele regime stalinista, che più volte perseguitò la stessa famiglia Norstein; in seguito alla morte del padre, tipico operaio forzato, Yuri decise di dedicarsi completamente all'arte animata, abbandonando il suo lavoro (di progettazione di casse di imballaggio per mobili) e frequentando un corso di animazione presso la Soyuzmultfilm, il più importante studio d'animazione dell'URSS (fondato a Mosca nel 1935).
Qui lavora come animatore in quasi 50 films, prima di poter codirigere con Arkadi Tyurin nel 1967 la sua prima pellicola, "25th October- The First Day" ("25 ottobre - Il primo giorno"); rievocazione degli inizi della Rivoluzione d'Ottobre, attraverso l'uso di materiale iconografico dell'epoca, a partire dalle opere degli artisti d'avanguardia.
Nel 1970 è la volta di "The Battle of Kerzhenets" ("La battaglia di Kerzents"), codiretto con Ivan Ivanov-Vano; animando antichi affreschi, miniature e icone medievali, il film racconta la storia della vittoriosa resistenza della città di Kerzents contro i Tartari.
Gli anni Settanta sono invece il periodo più prolifico per il regista russo, che, insieme alla moglie Francesca Yarbusova (animation designer di grande talento), dirige opere ovunque riconosciute come esempi di talento e maestria: "The Fox and the Rabbit" - "La volpe e la lepre" (1973); una lepre viene scacciata di casa da una volpe prepotente, e trova l'aiuto di un gallo. "The Heron and the Crane" - "L'airone e la gru" (1974); l'indecisa danza di corteggiamento di un airone e una gru dalle idee poco chiare. La celebrazione in forma di fiaba romantica della solitudine e dell'incomunicabilità. "The Hedgehog in the Fog" - "Il riccio nella nebbia" (1975); un piccolo riccio, diretto a far visita all'amico orsetto, si perde nel bosco nebbioso e fra le seducenti visioni che nasconde. L'immaginazione come approccio alla vita.
Ma è nel 1979 che Yuri raggiunge il massimo della sua capacità di espressione artistica, facendo di un intruglio malinconico di puppet animation, découpage, olii ed altri espedienti da seppuku un'opera talmente inquietante, che la sua visione quasi disturba la quiete passiva dello spettatore, costretto a immergersi in un collasso di immagini su sottofondi musicali provocanti brividi non agghiaccianti ma ghiacciati (privi di emozioni). Ebbene questo ibrido innaturale, morfologicamente perverso, che ha dato vita a non poche contraddizioni da parte del Goskino (la Commissione statale di cinematografia dell'URSS, con funzioni prevalentemente censorie), fu considerato in occasione delle Olimpiadi dell'Animazione di Los Angeles (1984) il miglior film d'animazione di tutti i tempi. Sto parlando di "Skazka Skazok" - "Tale of the Tales" ("Il Racconto dei Racconti"), il cui titolo originale era "Il piccolo lupo grigio arriverà" (mutato in seguito ad insistenti costrizioni del Goskino).
Riassumere la trama (così come viene sottolineato su Komix.it) è un'impresa alquanto ardua, dato che la storia non segue un percorso razionale e le visioni e i ricordi che la compongono non sono mostrati secondo un chiaro ordine cronologico, ma si succedono secondo libere associazioni mentali: un piccolo lupo dagli occhi malinconici osserva un neonato succhiare il latte della madre che gli canta una ninna-nanna, un minotauro gioca a saltare la corda con una ragazzina, un bimbo mangia una mela in compagnia di grossi corvi in un paesaggio innevato, alcune donne mentre ballano un tango vedono scomparire uno ad uno i loro uomini chiamati a combattere al fronte.
L'ultima interminabile fatica di Norstein dovrebbe essere un lungometraggio ispirato a "Il cappotto", celebre racconto di Gogol, la cui realizzazione iniziata nei primi anni '80 è ad oggi ancora non finita, poiché sembrerebbe il fattore economico questa volta ad ostacolare il grande maestro russo, che però non demorde; anzi afferma indirettamente (ma volontariamente, a mio avviso) che questo sarà il suo capolavoro...
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